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Generazioni a confronto e rinnovo della governance

Rigenerare la cultura organizzativa per disegnare nuove traiettorie cooperative

L’elefante nella stanza presente in questi anni all’interno delle organizzazioni è finalmente uscito allo scoperto. O meglio, era ben visibile anche prima, ma solo ora se ne parla, gli si dà un nome e lo si guarda in faccia. Lo si vuole affrontare, toccare con mano, esplorare. Questa presa di coraggio e di consapevolezza da parte delle organizzazioni cooperative, incorpora le potenzialità per rappresentare una grande opportunità di rinnovamento per le organizzazioni cooperative. Si tratta di mettere tra i primi posti delle agende strategiche l’esigenza di un confronto (vero) inter-generazionale attivando una conversazione interna che possa generare un nuovo equilibrio tra passato e futuro.

Ma facciamo un passo indietro. 

Una delle cose che mi affascina di più del lavoro di consulenza per le organizzazioni è osservare l’evoluzione negli anni delle richieste di supporto che ci vengono presentate. Dal nostro osservatorio è facile notare come ogni momento storico porti con sé consapevolezze e bisogni che ritornano nelle parole di chi accompagniamo. Nella mente del consulente appare quindi come una mappa di temi le cui connessioni evolvono e si chiariscono con l’aumentare degli scambi e delle conversazioni. 

Notiamo una disaffezione alla cooperazione, abbiamo uno dei livelli più alti di turnover mai registrati, non riusciamo a trattenere i talenti. Il numero di soci sta diminuendo e non ci è chiaro quale sia la leva su cui creare una fidelizzazione”, oppure  ”siamo di fronte ad un rinnovo del CDA e non sappiamo internamente chi potrebbe/vorrebbe ricoprire il ruolo di consigliere. Non ci conosciamo tutti e cosa peggiore, non siamo in grado di mappare le aspirazioni che le persone hanno ad oggi”, e ancora, “appare chiaro che sta evolvendo la figura del socio e la sua relazione con la cooperativa. Dobbiamo ri-significare il patto di lavoro interno” e infine, “siamo cresciuti così velocemente che a rischio c’è la dimensione relazionale, sentiamo il bisogno di lavorare sull’attrattività della cooperazione che è a forte rischio”.

E così ci viene presentata l’esigenza di lavorare sulla valorizzazione dei talenti, sul rinnovo della governance, sull’inter-generazionalità presente all’interno delle organizzazioni. Sono questi quindi i bisogni dichiarati, le richieste esplicitate. L’interconnessione appare evidente: ognuno di questi aspetti ha delle ricadute, degli effetti ed è la causa dell’altro. 

La crescita esponenziale in termini numerici della maggior parte delle cooperative, ha distolto l’attenzione, e quindi anche gli investimenti, sulla dimensione relazionale e partecipativa. Il passaggio da 80 a 300 persone che vivono all’interno della stessa organizzazione nel giro di pochi anni, porta con sé inevitabilmente numerose ricadute in termini di conoscenza delle persone, delle aspirazioni di queste, di investimento in spazi di contaminazione, di confronto e scambio su sfide o problemi organizzative, di partecipazione alle scelte strategiche da parte dei soci. Se l’organizzazione quindi evolve visibilmente in termini di aumento di servizi, complessità progettuale, funzioni, aree e ruoli gerarchici, fatica ad evolvere e ad “aggiornarsi” in termini di cultura organizzativa e strategie emergenti (cit. Mintzberg H). Oltre infatti alla strategia deliberata (quella presa dai vertici aziendali), esiste anche un “sommerso” composto da intuizioni, proposte, visioni non conformi a quella dominante, che emergono dai margini dell’organizzazione (cit. Quaggiotto G.), da chi non è solito entrare in luoghi decisionali o influire su questi. Ed ecco che quello che accade (molto spesso inconsapevolmente)  è che pochi guidano e tracciano traiettorie e tanti osservano. Tracciare e codificare le strategie emergenti rappresenta invece uno degli aspetti più funzionali del grande tema della “partecipazione cooperativa” e ignorarlo (insieme ad altri elementi come il valore economico del lavoro) porta con sé numerose ricadute che devono essere inevitabilmente gestite come l’alto turn over, la bassa fidelizzazione e la bassa attrattività del mondo cooperativo. 

Accade quindi che in cooperativa possa innescarsi uno scontro tra una cultura organizzativa dominante che, essendo ben radicata, si continua a seguire e una emergente che, se non integrate, rischiano di collidere e di non essere generative di opportunità. Tutto ciò acquista ancor più valore nel contesto attuale caratterizzato dalla presenza di una popolazione aziendale sempre più multi-generazionale: questo decennio è caratterizzato infatti dalla convivenza del più alto numero di generazioni nella società e nello stesso posto di lavoro (tra il 1991 e il 2018 hanno convissuto all’interno della stessa azienda fino a 6 generazioni.) Le dinamiche di gruppo che si creano quando queste generazioni, già da tempo nel mercato del lavoro o in uscita, entrano in contatto con quelle emergenti sono interessanti e comprenderne i limiti, le potenzialità e i punti di forza di ciascuna è essenziale per evitare esiti negativi. La situazione è quindi quella di un potenziale scontro generazionale di mentalità, modelli organizzativi e valori apparentemente diversi. 

Ecco l’elefante nella stanza dunque: la cultura organizzativa e il suo bisogno di essere ri-attualizzata, contaminata da queste strategie emergenti,  alla luce di un contesto lavorativo in cui convivono diverse generazioni, diverse visioni del mondo e diverse visioni del lavoro.

È la codificazione e la ri-attualizzazione della cultura organizzativa, quindi, la leva per incidere su aumento dell’attrattività e della fidelizzazione da parte dei giovani, rigenerazione della motivazione da parte degli storici, rinnovo della governance e nuovo patto di lavoro tra direzione e base sociale nel ridefinire nuove forme di neomutualismo. 

La creazione di una storia comune per scrivere un nuovo patto

Le organizzazioni sono esseri viventi (cit. Simon, H. A) e come tali evolvono continuamente. L’evoluzione avviene con i cambiamenti di contesto esterni ed interni all’organizzazione e questi cambiamenti incidono profondamente sulla cultura organizzativa. 

Riprendendo Edgar Schein, uno dei maggiori esperti nel campo della cultura d’impresa e docente alla Sloan School of Management del Massachusetts, “la cultura organizzativa è l’insieme coerente di assunti fondamentali che un dato gruppo ha inventato, scoperto o sviluppato imparando ad affrontare i suoi problemi di adattamento esterno e di integrazione interna, e che hanno funzionato abbastanza bene da poter essere considerati validi, e perciò tali da poter essere insegnati ai nuovi membri come il modo corretto di percepire, pensare e sentire in relazione a quei problemi.” Per Schein, in sintesi, per sviluppare una cultura comune il gruppo deve avere una storia comune. Tutto ciò equivale a dire che una cultura non è fatta di idee astratte ma di risposte a problemi concreti che occorre affrontare, risolvere, inventando o scoprendo soluzioni che poi diventano oggetto di apprendimento da parte dei nuovi membri del gruppo.

E allora come possiamo creare “storie comuni” laddove il turn over in azienda è tra i più alti mai registrati? Come è possibile dare risposte a sfide e problemi concreti in forma collegiale se gli spazi decisionali sono sempre più elitari e distanti da una base sociale sempre più in aumento e non consapevole e informata delle strategie aziendali? Come tenere insieme la crescita delle organizzazioni e la lentezza che richiedono processi di condivisione, partecipazione interna, coinvolgimento allargato? 

L’ottica dovrebbe essere quella di accompagnamento ai fondatori in un processo prima di delega e poi di passaggio generazionale, di transizione e di equilibrio tra le diverse visioni del mondo.  Allo stesso tempo i giovani potrebbero in questo modo attualizzare i valori storici della cooperazione e, dopo averli fatti propri, proporne una versione contemporanea anche attraverso la contaminazione con competenze diverse da quelle legate alle professioni di assistenza, che portino allo sviluppo manageriale e gestionale (cit. Frigo R.).  Diventa quindi necessario e strategico creare sfide condivise su cui attivare la base sociale e far emergere lo sguardo collettivo dell’organizzazione, ed è in questi processi che emergono le persone, con le loro particolarità, con le loro passioni, aspirazioni, elementi identitari.  D’altronde sembra interessante ed estremamente attuale lo scenario che le nuove generazioni intravedono della cooperazione sotto vari punti di vista, dal più strategico al più organizzativo: la spinta è quella di una impresa sociale che diventa sempre più istituzione, che si occupa di politiche pubbliche intraprendendo un ruolo attivo nelle policy, che si svincola sempre di più dalla subordinazione e dipendenza dal pubblico, che perseguirebbe nuove sfide con un approccio sperimentale e che vede la partecipazione come un valore a rischio ma centrale se declinata con strumenti e processi adatti e adeguati alla crescita delle cooperative in modo che possa accorciare la distanza tra direzione e base sociale. 

E quindi, come intervenire per valorizzare le visioni emergenti, come integrarle con quelle dominanti? Come cogliere le opportunità competitive e strategiche che questo tipo di “aggiornamento” può portare?

La mappa dell’organizzazione: orientarsi tra valori e pratiche 

Inutile dire che non esiste una sola risposta o un ricettario fatto di to do list e strumenti. Per poter favorire un confronto intergenerazionale che rigenera valori, strategie, direzioni, senso del lavoro, governance, rituali e comportamenti, processi e policy aziendali, è necessario attivare un approccio sartoriale che, caso per caso, faccia emergere l’essenza di quell’organizzazione, sintetizza le convergenze, genera nuove traiettorie e diffonde le ricadute concrete che il nuovo allineamento comporta. In Social Seed abbiamo elaborato un approccio emergente e pervasivo che, attivando una conversazione interna all’organizzazione, porta alla generazione di una mappa per i nuovi membri che li sappia accogliere e orientare in azienda rispetto alla cultura organizzativa dominante ed emergente in quel preciso momento storico.

L’approccio prevede 3 step, ovvero 3 livelli di profondità che comportano domande da porsi, processi da attivare e concretezza da implementare e diffondere.

LEVEL 1 | INTENTO

Sono davvero pronto?  E’ chiaro che al momento storico attuale, non si tratta più di scelta ma di un’urgenza vera e propria. A rischio c’è la sopravvivenza della cooperazione stessa. Questa fase preliminare è fondamentale per comprendere e accettare i presupposti che questo genere di processi attiva: la mia organizzazione è pronta ad ascoltare visioni differenti da quella dominante? E’ pronta a far emergere nuove visioni del mondo? E’ pronta ad integrare passato e futuro, radici e novità? E’ pronta ad evolvere? Riesco a vedere le opportunità strategiche e competitive che queste sfide possono portare? Accettare di evolvere significa accettare l’ignoto, gli esiti incerti che questi processi attivano. Se non ci si sente pronti a farlo, è molto meglio fermarsi e non andare oltre, evitare di creare aspettative che poi non verranno mantenute. 

LEVEL 2 | PROCESSO: emersione, generazione e ricadute

Nel momento in cui decido di intraprendere questo viaggio, è necessario ampliare la nostra visuale , metterci in balconata (cit. Quaggiotto G.) e osservare l’organizzazione dall’alto. Per farlo bisogna fare emergere il sommerso, elevare e collettivizzare le diverse visioni del mondo che convivono all’interno dell’organizzazione. Pensiamo alla nostra impresa come se fosse un iceberg: se nella punta al di sopra del livello dell’acqua c’è il dichiarato (strategia, vision, mission, statuto, obiettivi strategici, organigramma aziendale, ecc.), al di sotto del livello dell’iceberg c’è come agiamo quotidianamente nella pratica (valori, credenze, rituali, pratiche, storie, tradizioni, regole non scritte, comportamenti, emozioni, ecc.). Ciò che fa davvero la differenza non è il dichiarato, ma è quanta coerenza c’è tra dichiarato e prassi: ciò che ci rivela la vera essenza di una azienda è il sommerso e come sub ci immergiamo tra storie, racconti, aneddoti che ci parlano di coerenze, irregolarità, le tensioni latenti, fallimenti e come ci si è stati di fronte. Storie di processi di socializzazione dei nuovi soci lavoratori, le risposte date ad eventi critici nella storia delle organizzazioni, le incoerenze e le anomalie che ci indicano possibili nuove direzioni che tentano di emergere.  

Spesso crediamo che visioni opposte del mondo presuppongano uno scontro: una sopravvivrà e l’altra morirà. E se invece la verità fosse nel comprendere come sia possibile tenere insieme le polarità? Ed è così che si rigenera e si riscrive un nuovo patto dello stare insieme. Le visioni emergenti incidono e cambiano i processi legati a diverse dimensioni, come ad esempio: 

  • risorse umane (selezione, crescita, riconoscimento e incentivi) 
  • ricerca e sviluppo (metodo e approccio all’innovazione) 
  • alleanze e territorio (creazione, mantenimento e governance)
  • mercato e business (crescita e strategia)
  • governance (modelli organizzativi e leadership) 
  • progettazione e servizi (design di nuovi servizi, coerenza con la strategia dichiarata, cantieri futuri di posizionamento)

LEVEL 3 | TENUTA 

Prendersi cura dei processi e avere le competenze per mantenerli nel tempo: questa è l’altra grande sfida di queste trasformazioni. Nei nostri accompagnamenti dedichiamo molto tempo ad un allineamento interno rispetto a quali sono le condizioni di tenuta di quanto generato e a come rendere sostenibili i processi disegnati, così da non farli collidere con la struttura attuale, ma farli piuttosto atterrare in modo armonioso all’interno delle strutture e delle dinamiche interne dominanti. Si tratta di riflettere sulle competenze, sulle funzioni ma anche sulla leadership. E’ in questo momento che la leadership è importante che faccia un passaggio da presidio a facilitatrice (cit. Vermeer e Wenting), occupandosi di creare una connessione con scopo e visione adottando uno sguardo sistemico, tenendo la regia della rotta e vedendo l’organizzazione come un sistema complesso in continua evoluzione. La leadership facilitatrice presuppone un equilibrio tra: 

  • regole e framework (il framework e le linee guida lasciano spazio all’interpretazione soggettiva , mentre le regole non lo fanno); 
  • tra controllo e  facilitazione, assicurandosi che le condizioni richieste siano effettivamente presenti; 
  • tra presidio ed osservazione (lasciare andare), garantendo un presidio di ciò che avviene ma osservando più che intervenendo direttamente, lasciandosi sorprendere dall’evoluzione e dalle trasformazioni che avverranno senza il suo agito. 

Verso nuove visioni di futuri e nuovi modi di lavorare insieme

Nella maggior parte dei casi che abbiamo accompagnato le ricadute di questo processo sono atterrate sulle risorse umane e sulla selezione del personale (design del processo di selezione e di crescita delle persone), in altri casi sulla comunicazione interna (design di strumenti o pratiche), in altri ancora sulla governance (nascita di nuovi team tematici, area ricerca e sviluppo, task force, lavoro sullo stile di leadership e sui modelli organizzativi collaborativi). Quali saranno le ricadute nel lungo periodo di questo nuovo patto di lavoro e di questa nuova visione della cooperazione? Come evolveranno i modelli organizzativi, che forme avranno le nuove governance, quali traiettorie verranno percorse e quali scenari si apriranno per la cooperazione del futuro? 

E’ questo il tempo che segna una tensione tra conservazione e innovazione,  presente in ogni cultura organizzativa, perché sano e normale. E allora stiamo in questa tensione, viviamola e affrontiamola, perché quello che può generare ha molto a che fare con la capacità di fare sense-making (cit. Weick, K. E.), intesa come abilità che ci permette di trasformare la continua complessità del mondo in una “situazione che è compresa esplicitamente a parole e che serve da trampolino di lancio per l’azione”. 


Riferimenti bibliografici

Libri

  • Weick, K. E., & Sutcliffe, K. M. (2010). Governare l’inatteso. Organizzazioni capaci di affrontare le crisi con successo. Cortina Raffaello.
  • Meadows, D. H. (2019). Pensare per sistemi. Interpretare il presente orientare il futuro verso uno sviluppo sostenibile. Guerini e Associati.
  • March, J. G., & Simon, H. A. (2023). Teoria dell’organizzazione. Editoriale Jouvence.
  • Mintzberg, H. (1985). La progettazione dell’organizzazione aziendale. Il mulino.
  • Laloux, F. (2016). Reinventare le organizzazioni. Come creare organizzazioni ispirate al prossimo stadio della consapevolezza umana. Guerini e Associati.  
  • Robertson, B. J. (2018). Holacracy. Come superare la gerarchia. Guerini e Associati.
  • Vermeer, A., & Wenting, B. (2018). Self management. Come funziona veramente. Guerini e Associati.
  • Schein, E. H. (1990). Cultura d’azienda e leadership (trad. it.). Guerini e Associati. [Original work published 1985]

Articoli e pagine web

A cura di: Giulia Cassani

Pubblicato su: Relazioni: