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Le case di quartiere del futuro

Apertura alla comunità, talenti e nuove competenze - A cura di: Battistoni e Sateriale

Come identificare destinazioni d’uso e percorsi di evoluzione dei centri sociali che rispondano meglio alle sfide che caratterizzano la nostra epoca? Come (ri)diventare un punto di riferimento nei quartieri? Come coinvolgere le nuove generazioni, renderle parte attiva della gestione dei centri e promotori di innovazione?

Queste sono solo alcune delle sfide che i centri sociali hanno espresso all’inizio del percorso di co-design voluto dal Comune di Reggio Emilia, in un momento particolarmente complesso in cui era difficile pensare nel lungo periodo, presi dall’emergenza, da risposte reattive di breve termine e da un contesto completamente nuovo con cui confrontarsi.

In questi mesi li abbiamo accompagnati in un processo di trasformazione in “case di quartiere” e hub comunitari, per fare un salto in avanti, provando ad immaginare i centri sociali del futuro partendo dalla loro storia, da quello che li contraddistingue e da quello che hanno costruito in anni di attività, cercando i punti di equilibrio e di stabilità perché innovare per noi significa saper valutare di volta in volta cosa va cambiato e cosa no, in che modo e con quali tempi.

Perché un percorso di rinnovamento

Il percorso di co-design nasce dalla necessità di aggiornare ruolo e obiettivi dei centri, rafforzare la loro naturale vocazione e identità, accrescere i servizi per la cura della comunità e del territorio e trasformarli, così, sempre più in laboratori di innovazione sociale e case di quartiere.

Nel biennio 2019-2020, in concomitanza con la scadenza delle convenzioni di gestione, l’amministrazione comunale ha avviato un percorso di rinnovamento che, insieme ai comitati di gestione, alle associazioni e ai volontari, aiuti i centri sociali della città a proiettarsi nel futuro e trovare soluzioni innovative per affrontare le sfide che stanno vivendo.

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Il programma “Case di quartiere” ha riconosciuto nelle “piazze di quartiere” i luoghi pulsanti della vita delle comunità territoriali, capaci di essere e di potersi trasformare in luoghi aperti, in grado di favorire il dialogo interculturale e intergenerazionale, di diventare centri di sviluppo di nuovi modelli di servizi e di nuove economie collaborative.

Le finalità della co-progettazione

Il percorso di co-progettazione ha avuto come finalità:

  1. trasformare le “piazze di quartiere” in case di quartiere: luoghi che promuovono soluzioni di servizio comunitario in grado di ridefinire il modello di intervento sia del pubblico che del privato; luoghi in cui sviluppare comunità imprenditive in grado di gestire nuovi modelli di intervento e nuove relazioni istituzionali e territoriali;
  2. definire alcuni elementi di un modello di casa di quartiere e sperimentare in alcuni centri gli strumenti dell’approccio del service e strategic design: idee innovative, nuove modalità di collaborazione, nuove forme di business e di imprenditorialità.

Gli effetti dell’emergenza sanitaria

L’emergenza sanitaria ha avuto un duplice effetto, se da un lato ha inizialmente obbligato a posticipare l’avvio del percorso, dall’altro ha anche creato uno spazio inatteso di “sperimentazione” dovuto alla chiusura dei centri sociali e alla necessità di rispondere ai nuovi bisogni emergenti.

Durante i mesi estivi sono state monitorate le reazioni di ogni centro a fronte della chiusura, alcune micro-progettualità hanno innescato un diverso modo di percepirsi rispetto alla propria comunità di riferimento: sono nati servizi di vicinato e laboratori di alfabetizzazione digitale offerti alla comunità, è stata avviata in alcuni centri una riflessione volta a capire il loro ruolo nel ripensare servizi di prossimità.

A partire da questi punti di innesco e dalle sfide identificate, ha avuto avvio il processo di accompagnamento alle Case del Quartiere, orientato alla ridefinizione delle attività sociali, culturali e ricreative mettendo al centro i bisogni di utenti e cittadini.

Il metodo della co-progettazione

L’approccio alla progettazione cui si è fatto ricorso si compone di un set di strumenti e tecniche di co-progettazione, di design thinking e di design strategico. L’ottica è quella della co-produzione, un processo che fa leva sulla capacità dei beneficiari e dei cittadini di divenire parte attiva nel disegno delle politiche pubbliche e di saper creare nuove coalizioni progettuali che possano rigenerare le motivazioni delle persone e dare uno scopo nuovo al centro sociale.

Attraverso gli strumenti del design strategico e della progettazione partecipata è stato messo in campo un approccio al cambiamento del contesto e delle capacità di intraprendere dei soggetti partecipanti, intesa come capacità di lettura orientata dei contesti e dei sistemi, capacità di prevedere ossia di dotarsi di modalità di anticipazione critica sul futuro, capacità di far vedere, intesa come capacità di visualizzare scenari futuri.

I laboratori di co-design

L’accompagnamento è stato realizzato sotto forma di brevi cicli laboratoriali di co-progettazione, in cui, a partire dall’esplorazione e dall’analisi delle risorse esistenti si è elaborato e ridefinito il modello delle Case di quartiere e la relativa offerta di servizi ed attività sociali. L’attivazione dell’intelligenza collettiva dei gruppi coinvolti con modalità di lavoro aperte e collaborative ha permesso di riconsiderare l’andamento dei centri proprio in funzione dei bisogni emergenti di soci e cittadini del quartiere di riferimento. 

Le idee emerse nel percorso con i centri presentano una forte dimensione territoriale, prendendo in considerazione i bisogni reali delle comunità più prossime e valorizzando maggiormente un capitale sociale esistente già molto saldo. In alcuni casi sono nati prototipi di nuovi servizi (aule studio e spazi di co-working), altri centri hanno invece progettato nuovi meccanismi e dispositivi di coinvolgimento della comunità in ottica di co-produzione della futura offerta del centro (maratona online di idee, attraverso la quale il centro sarà in grado di ricevere nuovi input e nuovi spunti da parte di giovani; mappatura dei talenti del quartiere che permetterà loro di conoscere meglio i cittadini che vogliono proporre attività nel centro).

Apprendimenti e temi emersi

A valle di questo percorso possiamo delineare alcuni degli apprendimenti emersi in questi mesi e che possono guidare un nuovo patto fra il Comune e i soggetti gestori dei centri sociali per tornare ad essere o diventare punti di riferimento del quartiere e della città, per dare continuità alla cultura e al capitale sociale generato da anni in questi luoghi:

  1. Aprirsi, ascoltare e attivare la comunità e i giovani: vista anche la contingenza in cui si sono trovati i centri in questo periodo che non ha permesso sempre di organizzare momenti di incontro con le associazioni o altri soggetti del territorio, è importante che in futuro si ponga l’accento sul processo che il centro ha intenzione di mettere in campo per ingaggiare la comunità, ponendo l’accento su: sfida e impatto, nuovi beneficiari, approccio alla sperimentazione, analisi di scenario.
  2. Rafforzare, intercettare e valorizzare le competenze: è importante che vengano individuate e valorizzate le risorse e competenze adeguate per dare continuità ai processi attivati e che essi siano guidati da figure di community management che sanno lavorare sull’attivazione e ricombinazione delle risorse disponibili e sull’individuazione delle leadership emergenti.
  3. Creare nuove coalizioni progettuali e nuove modalità di relazione: è necessario che i centri guidati da un forte intento della pubblica amministrazione siano in grado di lavorare con tanti soggetti diversi che siano essi cittadini, gruppi informali, associazioni, imprese, scuole con l’obiettivo di costruire nuove forme di governo per il centro sociale.

Il rinnovato riconoscimento del ruolo dei centri sociali conferma la necessità di collaborare in sinergia con il Comune e i servizi pubblici da un lato, e tra i centri stessi in una scala urbana anche più ampia della dimensione di vicinanza territoriale, dall’altro, per un’offerta congiunta e coordinata di welfare per la comunità che li trasformi in luoghi di scambio e relazione, le case di quartiere del futuro.

A cura di: Francesca Battistoni, Giulia Sateriale

Con la partecipazione di: Giulia Cassani, Michele Asta, Sara Lauro, Filippo Cavaliere

Pubblicato su: QUADERNO. Appunti sul quartiere bene comune